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Un cinquantenne appena uscito di fabbrica
Solo un cinquantenne può capire un cinquantenne appena uscito di fabbrica. Tutto quello che prima era normale ora non lo è più. Quelli più giovani e anche di poco sembrano appartenere ad un altro pianeta, o a una rivista di moda. Quelli che prima erano quarantanove anni ora sono mezzo secolo e se vuoi proprio farti del male anche un ventesimo di millennio. Roba da inquisizione, paleolitico o età del bronzo.
Perfino le luci a led delle nuove auto graffiano sulla tua pelle tatuaggi di guerra, quella del quindici e diciotto. All'improvviso ti senti come ricoperto di polvere dopo un'eruzione vulcanica, ci vedo perfino di meno ma probabilmente è una mia inconscia quanto mediocre strategia per non vedere i vari difetti del tempo che inesorabilmente incominciano ad entrare in coda per due. E chi mai non vorrebbe, come me, non sentirsi un dinosauro, quelli vanno all'estinzione. Chi come me vorrebbe invece essere tanto furbo da non commettere gli errori e le omissioni di una vita passata lasciata al caso. Chi non vorrebbe avere tanto tempo da rendere la teoria di Murphy un'infallibile alleato per il proprio successo. Tanto tempo. Ma quanto dura tanto tempo?. L'immortalità è solo un ambito ideale o una sciagura da cui starne ben alla larga. E se fosse una malattia? Rara?.
Dare una prospettiva infinita a quello che si conosce equivale a mio parere restringere in egual misura quello che invece non ci è noto. Uno spazio-tempo si espande ma l'altro analogamente si restringe. La soluzione è invece nel mezzo. Vivere l'attimo che separa passato e futuro, vita e morte. Ma guarda te che lo sapevo e me lo sono fatto sfuggire. E invece no, non c'è neppure l'attimo ma piuttosto un'illimitata sostanza che rende la Morte un film di fantascienza. La Morte concepita come nulla non esiste in quanto il nulla stesso sarebbe così eterno da anichilire la vita stessa, così ampio da ingurgitare qualsiasi cosa si opponesse a lui. Già con il fatto di essere nati abbiamo spezzato qualsiasi nefasto incantesimo tendente all'infinito. Perchè non può esistere infinito se ad esso ci togli la seppur più piccola parte di esso.
E poi il nulla è il male minore, praticamente è un sonno dove non sogni e neppure paghi le tasse, solo per questo sarebbe un'eterno sublime impercettibile godimento. La chiamo la filosofia del benessere totale, altro che chacra e utopie Zen, qui stai proprio sulla bambagia. Se dovessi pensare ad un colore il grigio fangoso di una palude è la vita dopo i cinquanta, ma non sono affatto triste di questa tonalità. In realtà in questa vita terrena sono piuttosto felice ed appagato, fortunatamente sono nato in buone mani e me la sono spassata alla grande. Ora invece ho deciso di rotolare giù verso gli ottanta come fosse una rampa di lancio per la prossima mia vita se mai ci sarà. Secondo i miei calcoli, pendenza e direzione ben calcolate, ognuno di noi può scegliere tra diverse opportunità: A - Godersi di nuovo la stessa vita alla moviola, B - Apportare qua e la qualche modifica costruttiva alla soluzione A, C - Scegliere una Vita Random (casuale), D - Evolvere a dei livelli superiori ma forse poco gratificanti, E - Fondersi al tutto per diventare omnipresente ed omniesperenziale, F - Affidarsi alla dolce culla del nulla e non avere problemi di resi o reclami. E sempre secondo la legge di Murphy, per la quale quello che può succedere prima o poi succederà, ognuno di noi può scegliere la sua opportunità.
Perfino le luci a led delle nuove auto graffiano sulla tua pelle tatuaggi di guerra, quella del quindici e diciotto. All'improvviso ti senti come ricoperto di polvere dopo un'eruzione vulcanica, ci vedo perfino di meno ma probabilmente è una mia inconscia quanto mediocre strategia per non vedere i vari difetti del tempo che inesorabilmente incominciano ad entrare in coda per due. E chi mai non vorrebbe, come me, non sentirsi un dinosauro, quelli vanno all'estinzione. Chi come me vorrebbe invece essere tanto furbo da non commettere gli errori e le omissioni di una vita passata lasciata al caso. Chi non vorrebbe avere tanto tempo da rendere la teoria di Murphy un'infallibile alleato per il proprio successo. Tanto tempo. Ma quanto dura tanto tempo?. L'immortalità è solo un ambito ideale o una sciagura da cui starne ben alla larga. E se fosse una malattia? Rara?.
Dare una prospettiva infinita a quello che si conosce equivale a mio parere restringere in egual misura quello che invece non ci è noto. Uno spazio-tempo si espande ma l'altro analogamente si restringe. La soluzione è invece nel mezzo. Vivere l'attimo che separa passato e futuro, vita e morte. Ma guarda te che lo sapevo e me lo sono fatto sfuggire. E invece no, non c'è neppure l'attimo ma piuttosto un'illimitata sostanza che rende la Morte un film di fantascienza. La Morte concepita come nulla non esiste in quanto il nulla stesso sarebbe così eterno da anichilire la vita stessa, così ampio da ingurgitare qualsiasi cosa si opponesse a lui. Già con il fatto di essere nati abbiamo spezzato qualsiasi nefasto incantesimo tendente all'infinito. Perchè non può esistere infinito se ad esso ci togli la seppur più piccola parte di esso.
E poi il nulla è il male minore, praticamente è un sonno dove non sogni e neppure paghi le tasse, solo per questo sarebbe un'eterno sublime impercettibile godimento. La chiamo la filosofia del benessere totale, altro che chacra e utopie Zen, qui stai proprio sulla bambagia. Se dovessi pensare ad un colore il grigio fangoso di una palude è la vita dopo i cinquanta, ma non sono affatto triste di questa tonalità. In realtà in questa vita terrena sono piuttosto felice ed appagato, fortunatamente sono nato in buone mani e me la sono spassata alla grande. Ora invece ho deciso di rotolare giù verso gli ottanta come fosse una rampa di lancio per la prossima mia vita se mai ci sarà. Secondo i miei calcoli, pendenza e direzione ben calcolate, ognuno di noi può scegliere tra diverse opportunità: A - Godersi di nuovo la stessa vita alla moviola, B - Apportare qua e la qualche modifica costruttiva alla soluzione A, C - Scegliere una Vita Random (casuale), D - Evolvere a dei livelli superiori ma forse poco gratificanti, E - Fondersi al tutto per diventare omnipresente ed omniesperenziale, F - Affidarsi alla dolce culla del nulla e non avere problemi di resi o reclami. E sempre secondo la legge di Murphy, per la quale quello che può succedere prima o poi succederà, ognuno di noi può scegliere la sua opportunità.
Tiptronic
Prefazione:
Questo racconto apparentemente delirante e suddiviso in quattordici paragrafi denominati paradigmi, ci coinvolge emozionalmente in un viaggio dell'autore in alcune città europee - Londra, Parigi, Venezia e Innsbruck - nel tentativo di dare risposte alle ossessioni ricorrenti della sua esistenza. La lettura, non del tutto facile, ci inabissa nelle profondità estreme della coscienza umana tra giochi di specchi, trappole e illusioni metafisiche. Disperazione, passione, sensualità, sogno, e morte, sono mixati in un vertiginoso percorso sensoriale ed emozionale non esule da una caratterizzazione fondamentalmente drammatica ma al contempo intimistica e piacevolmente bohemmien. La lettura appare immediatamente disordinata e caotica per poi approdare in un nuovo ordine semantico dove illusione e realtà tentano di descrivere l'archetipo della vita.
Paradigma .1 Cinquanta sterline
Paradigma .2 Pozzanghera malinconica
Paradigma .3 Acque profonde
Paradigma .4 Lenzuola umide
Paradigma .5 Massacro compiuto
Paradigma .6 Quattro braccia, quattro gambe, due teste
Paradigma .7 Abbraccio mortale
Paradigma .8 Campanello da brivido
Paradigma .9 Processo di scatole
Paradigma .10 Trappola trasparente
Paradigma .11 Infedele
Paradigma .12 Oggetto sublime
Paradigma .13 Tu c’eri e cantavi
Paradigma .14 Inganno
Paradigma .1 - Cinquanta sterline
Ci sono cose che un uomo non potrà mai vedere se non con gli occhi di un neonato, cose che valgano la pena vedere osservando ogni minimo dettaglio di ogni giorno, di ogni luogo. Londra, gelido Dicembre del 1988, umida e dolciastra atmosfera di una metropoli cupa, eccentrica, contraddittoria come tante, scavata nel sottosuolo per aumentarne il movimento umano tra tanta disperazione, di carne e non di cera, o di nobile sangue. Come il rumore del vento che sibila tra le rocce, la dinamica del mio corpo seduto osserva il percettibile, immagina l'impercettibile, di quelle anime attonite appese al tubo dallo sguardo assente e paziente nell'attendere la luce del pallido sole. In questo posto mancano solo le bare e i fiori, le lacrime orgogliosamente trattenute tra le palpebre fermano illusoriamente il tempo dinamico, lo scorrere della moderna caverna rallenta, rallenta, rallenta in un angosciante sospensione mentale o demenziale. La luce divampa all'arrivo di ogni stazione dai mille colori dei metropolitani graffiti, dallo scambiarsi veloce delle anime appese pulsano le voci di mille paesi come in un'agghiacciante babilonia di ferro e cemento ribaltata verso un inferno dantesco. Un uomo, li per terra, disteso al di la del vetro, nell'essere sussiste quello che l'uomo considera indegno, anomalo, vergognoso, evidente ritratto della propria temporaneità, della fragilità, dell'indifferenza amara di chi non guarda con occhi propri ma imprestati con mille sterline al mese (ne bastano cinquecento per imbastardirti). Non resta che il metropolitano graffiti, che silenzioso e sincero racconta la storia di chi vede nell'oblio il rifarsi quotidiano di tanta disperazione, del marcire progressivo di tutto ciò che vede, specchiante manufatto di delirante, ingenua, onnipotenza. Gelido Dicembre di Londra che con cinquanta sterline mi regalò occhi di cristallo, puri e trasparenti.
Paradigma .2 - Pozzanghera malinconica
Arte dentro e fuori di me, espressione dell'io, del perché sono di fronte e dentro la vita, vissuta, oziata, strapazzata. Artista colui che vive l'arte, camminando, respirando, pensando un mondo immaginario, riflesso. Perduto nel boulevard di Parigi, arte del movimento, rifletto su come sono e su come sarò. Un mondo diverso mi avvolge, mi stringe, mi soffoca, mi rabbrividisce. Qui a Parigi piove ancora, piove forte, le mie scarpe sono fradice d'acqua, l'aria vagamente odorosa ci cibo e gasolio, e i pensieri, veloci e fugaci del voler dipingere, subito, in ogni dove. Che emozione da dentro il cuore, impulso violento del rosso mortale nel grigio melanconico della pozzanghera, e le mie mani macchiate di giallo, porpora e cobalto sanno ancora di trementina nel quartiere degradato della Gare du nord. Dalla finestra, ancora, il ticchettare ritmico dell'acqua dalla tonalità grigia come l'anima repressa, come le voci lontane e confuse della strada, come il rotolare infinito dei pneumatici nel porfido bagnato, e i clacson, anche loro, sanno essere grigi e monotoni, malinconici e grigi.
Paradigma .3 - Acque profonde
Il mio sguardo, perplesso e ansante, rientra nella mia stanza rapidamente movimentato alla ricerca dei fogli di carta ruvida, di una penna, di un pennarello più grosso, nero, per non dimenticare. Di Josephine mi ha colpito la sua faccia, che sa essere bella nell'imperfezione accentuata dai lineamenti irregolari, anomali, grossolani. L'imperfezione è conturbante. La pioggia è malinconica. Il tratto irrefrenabile della mia mano veloce ha ormai prodotto un cumulo di dieci fogli rabbiosamente accartocciati, ma l'undicesimo è lei, Josephine; fresco, istantaneo, autentico, vitale, espressivo, immediato ritratto della vita che vorrei. L'immediatezza è importante per cogliere il mistero di una persona rapita furtivamente alla fermata metropolitana della Concorde. Josephine, decisamente bella nel brutto, vitale nella povertà, ma sicuramente misteriosa, bagnata, bagnata d'acqua; e cos'è la vita se non un balzo fuor d'acqua per respirare l'amore, in quel plumbeo nascondiglio di Josephine che mi prese l’aria, mi prese l’anima... e nient’altro, mentre le nostre carni di vetro riflettevano l’anemica luce della notte decò. Come una finta sirena mi hai riportato in acque profonde, le cui correnti intrepide ci hanno sgrassato del maleodorante tanfo della città, che tuttavia, ci innamorò. Ora mi sembra di annegare nella vasca di porcellana del Concorde La Faiette (1), penso a quello che abbiamo fatto tra cinquanta candele di vaniglia, e sopra sessantasei metri di cemento e acciaio, girone ventitre. L’addome vibra, le gambe tremano e il cuore batte, batte, batte, batte piano, molto piano. Mi rigiro, mi allungo, mi distendo, performance del movimento, del delirio, dell’eccesso, e la vaga luce lunare da te riflessa penetra le mie carni come un bisturi.
Paradigma .4 - Lenzuola umide
Non posso dimenticare la Luna, che curiosa tra le fessure delle veneziane mi accarezzò la pelle vibrante, quasi a voler sedare quelle tensioni dovute alla chimica, perché fragile soffio di vento nei farmaci e nei colori distendo le ansie, come l'angoscia del vivere intensamente le emozioni il segno della matita incide come un bisturi la materia, il nero squarcia il rosso e la tela divampa come il fuoco, mi esalta, mi comanda, e mi strazia. Luna, sempre accanto a me, illumina il nero della stanza, filtra l'anima di me represso, ansante, violento come l'acqua di una cascata nel vuoto paradossale di un'esistenza sterile. L'armadio blu cobalto nella mia stanza di pietra contemporanea, le lenzuola umide e verdi come il muschio del bosco, il freddo glaciale delle moderne pareti grigie, che un raggio di luce riscaldi nella notte più triste della mia esistenza. Addormentami Luna, sogno, arte, passione, cancella in me la quotidianità della disperazione, aiutami a vedere con occhi nuovi colori che non ho mai visto, suoni che non ho mai sentito, profumi antichi, dimenticati. Passione, arte, sogno, ingranaggio diabolico dell'esistenza, equilibrio costante del tempo la passione ha conosciuto più volte fugace, inafferrabile, ma terribilmente intensa, e il sogno, il sogno, quasi fosse la mia vita segreta nel cuore della vita, l'arte, sicuramente in mezzo tra sogno e passione, più intensa della passione stessa.
Paradigma .5 - Massacro compiuto
Delirio passionale dell'indole umana, forma di vita oltre gli schemi mentali, arte viva in ogni momento, rifugio dalla banalità angosciante dell'essere solo, incompreso, quasi inesistente, inesistente, inesistente, ma tuttavia reale. Dio mi ha creato e per fortuna mi ha donato un linguaggio semplice, arcaico, universale. Un impegno, la sincerità, per non far dimenticare l'odio della malvagità umana, la disperazione della povertà, l'egoismo della ricchezza, il potere e la sottomissione, le guerre del razzismo, della politica, delle religioni. No, non posso dimenticare, come posso vedere tutto questo, perché celare l'evidenza con un dipinto falso, idilliaco, rilassante. Un'artista non può modificare il suo pensiero per meglio mercanteggiare il suo talento, l'arte è più sincera della parola scritta, l'arte è lo sbocciare di un fiore, arte dei miei occhi, del mio olfatto, mentre la neve bianca accarezza la mia pelle rabbrividita dalla paura del vuoto, della lama, del sangue che sgorga copioso dal corpo ferito, impotente, quasi rassegnato nell'assistere a immagini veloci, tremende, sublimi, chiare e scure. E un fiore giallo come il sole continua a sbocciare, le nuvole, soprastanti e candide, annebbiano inesorabilmente la visione del corpo morente, ansante, rilassato e a volte teso. Il massacro è compiuto, dimenticato. Ho visto con occhi increduli, esterrefatti, lo sbocciare del fiore, lo sgorgare del sangue, la bellezza, la violenza. Cos'è la vita a questo punto estremo della follia, pura visione astratta del tutto e del nulla che mi circonda, della luce che ha illuminato il fiore, dell'oscurità che ne ha brunito il sangue.
Paradigma .6 - Quattro braccia, quattro gambe, due teste
Perché vedere il giallo per poi vedere il rosso, non bastavano le candide nuvole accarezzare la vita nascente, il piacevole brivido gelido della neve sulla nuda pelle come la rugiada sul petalo giallo, perché, perché, il chiedersi è inutile come il riflesso ingannevole e tagliente della lama sprofondare innocenti carni contorte. Perché i colori mi stupiscono quanto mi tormentano, dolci o violente tonalità dell'essere imperfetto in un mondo perfetto. Un desiderio mi chiama da lontano, dall'oblò della mia navicella spaziale osservo attentamente e con devozione quella che è stata la mia casa, il mio luogo, il mio pianeta, il mio istante. Istante dell'amore che ho riscoperto tra le altre cose dell'armadio blu cobalto, il profumo della maglia che indossammo insieme, quattro braccia, quattro gambe e due teste. Non ricordo pensiero più amabile, la felicità, la felicità per un attimo, un piccolo attimo nell'eternità, una lacrima, un sorriso, un addio. La felicità è forse arte?. Pensi di poter creare la felicità come disegnare un volto, ne ho disegnati di volti, tristi, allegri, rassegnati. Ora, affacciato sul ponte osservo le acque tormentate dell'Inn (2) scorrere veloci. Penso alla vita, la devo fermare, fermare, fermare, o rallentare. Josephine è immobile, glaciale, immutabile. Io no. Io cesserò di esistere.
Paradigma .7 - Abbraccio mortale
Ma dove sono, tirami fuori, mi gira la testa, ferma il motore, bleaa, voglio uscire, la rete è già contaminata. Impulso violento, vernice lucente guida la strada, liberami dalla pietra purpurea, optical-concettuale nell'essere attivo contro la perdizione mentale, ferma i motori, ferma la giostra, ferma il tempo, per un istante. In genere non mi interessa parlare con le persone. Ti sfiorano la pelle per la strada, lo fanno e basta, una persona non la si tocca se non la vuoi conoscere, ma questo, per la strada, succede. La persona è unica, il suo mondo è protetto, immune, privato. Mi rifugio spesso nelle vette delle montagne, il Tribulaun-hutte è il mio rifugio privato, non ti sfiora con mano furba ma come gli altri uomini può ucciderti, ma è una morte diversa, più romantica, più rassicurante di una lama tagliente. E' la morte bianca. Per un'istante lungo un anno, indescrivibile nei colori cupi della roccia al calar del sole, negli ultimi bagliori della neve, la vita trascorsa scorre velocemente, quella presente lentamente, lentamente, lentamente, come fosse una moviola. Quelle alte rocce sono li da sempre e ti stringono in un abbraccio materno ma mortale, mortale e semplice come il disegno della vita perché pietra ritornerò. Immortale sarà invece il mio istante di dolore, amore per l'arte.
Paradigma .8 - Campanello da brivido
Sarò roccia anch'io, non più fragile come i cristalli di neve, sarò eterno come il mio pensiero d'amore, come i sogni più belli, privatamente solo, gelidamente accarezzato dalla neve bianca. La morte non mi fa paura, la vita mi terrorizza. Sento, parlo, rido, suona il campanello ma non mi alzo, aspetto un po', la notte è appena iniziata ed è gelida, mi scopro e un brivido mi assale, sono solo, nudo, indifeso. Con le dita dei piedi tocco il pavimento di pietra, non sono a casa, forse altrove, nausea del vivere, del rifarsi, del ripetersi. Ascolto e non rido più, risuona il campanello, il pavimento di pietra mi raffredda bruscamente i piedi, la porta si avvicina velocemente mentre il campanello risuona ancora, il gelo della paura mi spezza come un ramoscello carbonizzato dal fuoco, mi ripercuote ancora. Apro la porta lentamente, sento una voce amica ma non ne capisco il significato, ma continuo a vivere, è stupenda la vita e ritorno a ridere, caos. Il pavimento di cemento imbrattato di ogni colore dove orme di piedi nudi o scarpe segnano indelebilmente il movimento umano in ogni angolo dello spazio orizzontale, l'atmosfera satura di essenze mi riporta a casa, altro che nauseante odore, ma sublime narcotica inalazione, fonte di sartriano delirio formale, cromatico, dinamico.
Paradigma .9 - Processo di scatole
Le pareti, circostanti, ritraggono la mia personalità tra tele, oggetti, macchie e spruzzi. Tutto è visibile, non vi è alcun contenitore oltre alla stanza stessa paragonabile al cervello di un'artista abbandonato, dove niente è catalogato e ordinato, come pure in natura lo è il caos cosmico dopo il Big-bang. Ricordo che da bambino nascondevo alcuni giocattoli per poi, dopo un po' di tempo, ritrovarene il piacere del ritrovamento, del dimenticato. Ora sembra quasi ripetersi con pennelli, oggetti e colori, il cui ritrovamento entusiasma e amplifica l'indole creativa. Anche il cosmo è quasi sicuramente una scatola, come pure il cervello umano. Entrambi i volumi nel loro inevitabile intrecciarsi formano astrazioni visibili; senza il cosmo non ci sarebbe alcuna forma artistica conosciuta, lo stesso cosmo è di per se stesso una forma artistica altamente evoluta, così perfetta che la gioconda, al suo cospetto, apparirebbe come un'insignificante schizzo, ultima scatola di questo enorme processo di scatole. Anche io voglio disegnare un'altra scatola, più piccola, con la speranza di comprendere sommariamente il mistero dell'esistenza e della ragione. Mistero negato all'uomo ma non alla sua immaginazione. Nel fare arte io vedo il senso arcaico dell'esistenza, non il fine.
Paradigma .10 - Trappola trasparente
Visione zero, incubo mortale dell'appiattimento prospettico, vedo, attorno a me, un cilindro di immagini inerti, sfuggenti, e fuggenti. La mano, allungata nell'incredulità, non sente alcuna interazione. Il nulla dell'atmosfera, inodore, mi affligge nel tormento, dilania i pensieri, vibranti, di un cervello sterile. L'essenza individuale si fonde con il tutto ma non ne avverto il confine, non vi è destino possibile, soluzione matematica di un calcolo impossibile. Esisto, ma il resto è finzione, e nell'arte cerco una nuova visione, profonda, intensa, lontana. E gli occhi inutili non vedono che il nulla di un cilindro trasparente, dalle rapidi immagini di una pellicola rivista all'infinito, nel finito. Inutile cercare l'invisibile, se neppure il visibile è certo. Visione zero, mio tormento esistenziale, oltre il cilindro di vetro, trasparente, opaco, inesistente.
Paradigma .11 - Infedele
Spero che nell'immensità del tutto, la mia creazione presuntuosa del fare non mi valga l'inferno. Ma l'assurdo fine di un'esistenza celata nel raccapricciante odore della menzogna, un giorno, sincera rivelazione di me - piccolo diamante opacizzato - nell'apparire virtuoso perdona. Perdona l'infedele che nel colore vede il sublime, nella materia l'onnipotenza, nella forma la perfezione, dell'uomo. Perché uomo è suo malgrado, affamato, perduto, ingrato. Perché crea quello che è già stato creato, cerca il colore nel colore, la forma nella forma. Non gli basta forse il respiro a sublimarne la vita, opera prima di pura bellezza?.
Paradigma .12 - Oggetto sublime
Passione, melanconico delirio, oggetto sublime di forma e design, innesta la marcia (3) e rendi dinamica l'immobile scultura. Delirio, sublime passione di tanta bellezza, innesta la marcia e fammi sognare: mondi perfetti - senza odio, senza superbia, senza dolore -. O un mondo unico di giustizia, senza ferite e senza sangue. Tra le nuvole fammi volare, e volare, e volare, che brinino i vetri, che gelino le mani, sul volante. Inganna il tempo, tu si puoi farlo, e non farmi morire, non farmi finire. Solo tu, Divino, potevi concedere tanta bellezza in tutto ciò che già c'era, nell'uomo, e nelle sue creazioni.
Paradigma .13 - Tu c’eri e cantavi
Atmosfera respiro chimica stupidità rivivo nell'aria l'amore bagnato di acqua e petrolio mangio rido aspetto incerto futuro programmo incerto passato dimentico tu c'eri e cantavi ma non ricordo umida estate di affanno e di putrida aria che sotto il ramo - secco - respiravo ed espiravo.
Paradigma .14 - Inganno
Dammi avere passione morte fugace in te restringo l'estremo inganno paura dell'indole varia potenza al motore ansante di questo istante non farne delirio aspetta aspetta l'inverno fugace di ciò stai certo attento ritorno straziante.
(1) Il Concorde La Faiette è stato il più alto e prestigioso edificio declinato completamente ad uso alberghiero nella città di Parigi. Dopo una profonda restrutturazione è oggi diventato lo Hyatt Regency Paris Etoile.
(2) L'Inn è un fiume Austriaco che attraversa la città di Innsbruck.
(3) Nella parola "marcia" si cela il significato allusivo del titolo di questa pubblicazione. Infatti l'autore ci rimanda ad una delle tecnologie più innovative che abbiano mai avuto un così tanto importante impatto nel settore automobilistico degli anni novanta, il cambio "Tiptronic" ideato dalla casa automobilistica Porsche. L'idea di possedere la sua Porsche all'età di soli ventidue anni, l'ideale uomo-macchina, e l'intima contrapposizione tra possesso e immaginazione, sembra aver avuto un forte denominatore in tutta la sua evoluzione creativa.
Questo racconto apparentemente delirante e suddiviso in quattordici paragrafi denominati paradigmi, ci coinvolge emozionalmente in un viaggio dell'autore in alcune città europee - Londra, Parigi, Venezia e Innsbruck - nel tentativo di dare risposte alle ossessioni ricorrenti della sua esistenza. La lettura, non del tutto facile, ci inabissa nelle profondità estreme della coscienza umana tra giochi di specchi, trappole e illusioni metafisiche. Disperazione, passione, sensualità, sogno, e morte, sono mixati in un vertiginoso percorso sensoriale ed emozionale non esule da una caratterizzazione fondamentalmente drammatica ma al contempo intimistica e piacevolmente bohemmien. La lettura appare immediatamente disordinata e caotica per poi approdare in un nuovo ordine semantico dove illusione e realtà tentano di descrivere l'archetipo della vita.
Paradigma .1 Cinquanta sterline
Paradigma .2 Pozzanghera malinconica
Paradigma .3 Acque profonde
Paradigma .4 Lenzuola umide
Paradigma .5 Massacro compiuto
Paradigma .6 Quattro braccia, quattro gambe, due teste
Paradigma .7 Abbraccio mortale
Paradigma .8 Campanello da brivido
Paradigma .9 Processo di scatole
Paradigma .10 Trappola trasparente
Paradigma .11 Infedele
Paradigma .12 Oggetto sublime
Paradigma .13 Tu c’eri e cantavi
Paradigma .14 Inganno
Paradigma .1 - Cinquanta sterline
Ci sono cose che un uomo non potrà mai vedere se non con gli occhi di un neonato, cose che valgano la pena vedere osservando ogni minimo dettaglio di ogni giorno, di ogni luogo. Londra, gelido Dicembre del 1988, umida e dolciastra atmosfera di una metropoli cupa, eccentrica, contraddittoria come tante, scavata nel sottosuolo per aumentarne il movimento umano tra tanta disperazione, di carne e non di cera, o di nobile sangue. Come il rumore del vento che sibila tra le rocce, la dinamica del mio corpo seduto osserva il percettibile, immagina l'impercettibile, di quelle anime attonite appese al tubo dallo sguardo assente e paziente nell'attendere la luce del pallido sole. In questo posto mancano solo le bare e i fiori, le lacrime orgogliosamente trattenute tra le palpebre fermano illusoriamente il tempo dinamico, lo scorrere della moderna caverna rallenta, rallenta, rallenta in un angosciante sospensione mentale o demenziale. La luce divampa all'arrivo di ogni stazione dai mille colori dei metropolitani graffiti, dallo scambiarsi veloce delle anime appese pulsano le voci di mille paesi come in un'agghiacciante babilonia di ferro e cemento ribaltata verso un inferno dantesco. Un uomo, li per terra, disteso al di la del vetro, nell'essere sussiste quello che l'uomo considera indegno, anomalo, vergognoso, evidente ritratto della propria temporaneità, della fragilità, dell'indifferenza amara di chi non guarda con occhi propri ma imprestati con mille sterline al mese (ne bastano cinquecento per imbastardirti). Non resta che il metropolitano graffiti, che silenzioso e sincero racconta la storia di chi vede nell'oblio il rifarsi quotidiano di tanta disperazione, del marcire progressivo di tutto ciò che vede, specchiante manufatto di delirante, ingenua, onnipotenza. Gelido Dicembre di Londra che con cinquanta sterline mi regalò occhi di cristallo, puri e trasparenti.
Paradigma .2 - Pozzanghera malinconica
Arte dentro e fuori di me, espressione dell'io, del perché sono di fronte e dentro la vita, vissuta, oziata, strapazzata. Artista colui che vive l'arte, camminando, respirando, pensando un mondo immaginario, riflesso. Perduto nel boulevard di Parigi, arte del movimento, rifletto su come sono e su come sarò. Un mondo diverso mi avvolge, mi stringe, mi soffoca, mi rabbrividisce. Qui a Parigi piove ancora, piove forte, le mie scarpe sono fradice d'acqua, l'aria vagamente odorosa ci cibo e gasolio, e i pensieri, veloci e fugaci del voler dipingere, subito, in ogni dove. Che emozione da dentro il cuore, impulso violento del rosso mortale nel grigio melanconico della pozzanghera, e le mie mani macchiate di giallo, porpora e cobalto sanno ancora di trementina nel quartiere degradato della Gare du nord. Dalla finestra, ancora, il ticchettare ritmico dell'acqua dalla tonalità grigia come l'anima repressa, come le voci lontane e confuse della strada, come il rotolare infinito dei pneumatici nel porfido bagnato, e i clacson, anche loro, sanno essere grigi e monotoni, malinconici e grigi.
Paradigma .3 - Acque profonde
Il mio sguardo, perplesso e ansante, rientra nella mia stanza rapidamente movimentato alla ricerca dei fogli di carta ruvida, di una penna, di un pennarello più grosso, nero, per non dimenticare. Di Josephine mi ha colpito la sua faccia, che sa essere bella nell'imperfezione accentuata dai lineamenti irregolari, anomali, grossolani. L'imperfezione è conturbante. La pioggia è malinconica. Il tratto irrefrenabile della mia mano veloce ha ormai prodotto un cumulo di dieci fogli rabbiosamente accartocciati, ma l'undicesimo è lei, Josephine; fresco, istantaneo, autentico, vitale, espressivo, immediato ritratto della vita che vorrei. L'immediatezza è importante per cogliere il mistero di una persona rapita furtivamente alla fermata metropolitana della Concorde. Josephine, decisamente bella nel brutto, vitale nella povertà, ma sicuramente misteriosa, bagnata, bagnata d'acqua; e cos'è la vita se non un balzo fuor d'acqua per respirare l'amore, in quel plumbeo nascondiglio di Josephine che mi prese l’aria, mi prese l’anima... e nient’altro, mentre le nostre carni di vetro riflettevano l’anemica luce della notte decò. Come una finta sirena mi hai riportato in acque profonde, le cui correnti intrepide ci hanno sgrassato del maleodorante tanfo della città, che tuttavia, ci innamorò. Ora mi sembra di annegare nella vasca di porcellana del Concorde La Faiette (1), penso a quello che abbiamo fatto tra cinquanta candele di vaniglia, e sopra sessantasei metri di cemento e acciaio, girone ventitre. L’addome vibra, le gambe tremano e il cuore batte, batte, batte, batte piano, molto piano. Mi rigiro, mi allungo, mi distendo, performance del movimento, del delirio, dell’eccesso, e la vaga luce lunare da te riflessa penetra le mie carni come un bisturi.
Paradigma .4 - Lenzuola umide
Non posso dimenticare la Luna, che curiosa tra le fessure delle veneziane mi accarezzò la pelle vibrante, quasi a voler sedare quelle tensioni dovute alla chimica, perché fragile soffio di vento nei farmaci e nei colori distendo le ansie, come l'angoscia del vivere intensamente le emozioni il segno della matita incide come un bisturi la materia, il nero squarcia il rosso e la tela divampa come il fuoco, mi esalta, mi comanda, e mi strazia. Luna, sempre accanto a me, illumina il nero della stanza, filtra l'anima di me represso, ansante, violento come l'acqua di una cascata nel vuoto paradossale di un'esistenza sterile. L'armadio blu cobalto nella mia stanza di pietra contemporanea, le lenzuola umide e verdi come il muschio del bosco, il freddo glaciale delle moderne pareti grigie, che un raggio di luce riscaldi nella notte più triste della mia esistenza. Addormentami Luna, sogno, arte, passione, cancella in me la quotidianità della disperazione, aiutami a vedere con occhi nuovi colori che non ho mai visto, suoni che non ho mai sentito, profumi antichi, dimenticati. Passione, arte, sogno, ingranaggio diabolico dell'esistenza, equilibrio costante del tempo la passione ha conosciuto più volte fugace, inafferrabile, ma terribilmente intensa, e il sogno, il sogno, quasi fosse la mia vita segreta nel cuore della vita, l'arte, sicuramente in mezzo tra sogno e passione, più intensa della passione stessa.
Paradigma .5 - Massacro compiuto
Delirio passionale dell'indole umana, forma di vita oltre gli schemi mentali, arte viva in ogni momento, rifugio dalla banalità angosciante dell'essere solo, incompreso, quasi inesistente, inesistente, inesistente, ma tuttavia reale. Dio mi ha creato e per fortuna mi ha donato un linguaggio semplice, arcaico, universale. Un impegno, la sincerità, per non far dimenticare l'odio della malvagità umana, la disperazione della povertà, l'egoismo della ricchezza, il potere e la sottomissione, le guerre del razzismo, della politica, delle religioni. No, non posso dimenticare, come posso vedere tutto questo, perché celare l'evidenza con un dipinto falso, idilliaco, rilassante. Un'artista non può modificare il suo pensiero per meglio mercanteggiare il suo talento, l'arte è più sincera della parola scritta, l'arte è lo sbocciare di un fiore, arte dei miei occhi, del mio olfatto, mentre la neve bianca accarezza la mia pelle rabbrividita dalla paura del vuoto, della lama, del sangue che sgorga copioso dal corpo ferito, impotente, quasi rassegnato nell'assistere a immagini veloci, tremende, sublimi, chiare e scure. E un fiore giallo come il sole continua a sbocciare, le nuvole, soprastanti e candide, annebbiano inesorabilmente la visione del corpo morente, ansante, rilassato e a volte teso. Il massacro è compiuto, dimenticato. Ho visto con occhi increduli, esterrefatti, lo sbocciare del fiore, lo sgorgare del sangue, la bellezza, la violenza. Cos'è la vita a questo punto estremo della follia, pura visione astratta del tutto e del nulla che mi circonda, della luce che ha illuminato il fiore, dell'oscurità che ne ha brunito il sangue.
Paradigma .6 - Quattro braccia, quattro gambe, due teste
Perché vedere il giallo per poi vedere il rosso, non bastavano le candide nuvole accarezzare la vita nascente, il piacevole brivido gelido della neve sulla nuda pelle come la rugiada sul petalo giallo, perché, perché, il chiedersi è inutile come il riflesso ingannevole e tagliente della lama sprofondare innocenti carni contorte. Perché i colori mi stupiscono quanto mi tormentano, dolci o violente tonalità dell'essere imperfetto in un mondo perfetto. Un desiderio mi chiama da lontano, dall'oblò della mia navicella spaziale osservo attentamente e con devozione quella che è stata la mia casa, il mio luogo, il mio pianeta, il mio istante. Istante dell'amore che ho riscoperto tra le altre cose dell'armadio blu cobalto, il profumo della maglia che indossammo insieme, quattro braccia, quattro gambe e due teste. Non ricordo pensiero più amabile, la felicità, la felicità per un attimo, un piccolo attimo nell'eternità, una lacrima, un sorriso, un addio. La felicità è forse arte?. Pensi di poter creare la felicità come disegnare un volto, ne ho disegnati di volti, tristi, allegri, rassegnati. Ora, affacciato sul ponte osservo le acque tormentate dell'Inn (2) scorrere veloci. Penso alla vita, la devo fermare, fermare, fermare, o rallentare. Josephine è immobile, glaciale, immutabile. Io no. Io cesserò di esistere.
Paradigma .7 - Abbraccio mortale
Ma dove sono, tirami fuori, mi gira la testa, ferma il motore, bleaa, voglio uscire, la rete è già contaminata. Impulso violento, vernice lucente guida la strada, liberami dalla pietra purpurea, optical-concettuale nell'essere attivo contro la perdizione mentale, ferma i motori, ferma la giostra, ferma il tempo, per un istante. In genere non mi interessa parlare con le persone. Ti sfiorano la pelle per la strada, lo fanno e basta, una persona non la si tocca se non la vuoi conoscere, ma questo, per la strada, succede. La persona è unica, il suo mondo è protetto, immune, privato. Mi rifugio spesso nelle vette delle montagne, il Tribulaun-hutte è il mio rifugio privato, non ti sfiora con mano furba ma come gli altri uomini può ucciderti, ma è una morte diversa, più romantica, più rassicurante di una lama tagliente. E' la morte bianca. Per un'istante lungo un anno, indescrivibile nei colori cupi della roccia al calar del sole, negli ultimi bagliori della neve, la vita trascorsa scorre velocemente, quella presente lentamente, lentamente, lentamente, come fosse una moviola. Quelle alte rocce sono li da sempre e ti stringono in un abbraccio materno ma mortale, mortale e semplice come il disegno della vita perché pietra ritornerò. Immortale sarà invece il mio istante di dolore, amore per l'arte.
Paradigma .8 - Campanello da brivido
Sarò roccia anch'io, non più fragile come i cristalli di neve, sarò eterno come il mio pensiero d'amore, come i sogni più belli, privatamente solo, gelidamente accarezzato dalla neve bianca. La morte non mi fa paura, la vita mi terrorizza. Sento, parlo, rido, suona il campanello ma non mi alzo, aspetto un po', la notte è appena iniziata ed è gelida, mi scopro e un brivido mi assale, sono solo, nudo, indifeso. Con le dita dei piedi tocco il pavimento di pietra, non sono a casa, forse altrove, nausea del vivere, del rifarsi, del ripetersi. Ascolto e non rido più, risuona il campanello, il pavimento di pietra mi raffredda bruscamente i piedi, la porta si avvicina velocemente mentre il campanello risuona ancora, il gelo della paura mi spezza come un ramoscello carbonizzato dal fuoco, mi ripercuote ancora. Apro la porta lentamente, sento una voce amica ma non ne capisco il significato, ma continuo a vivere, è stupenda la vita e ritorno a ridere, caos. Il pavimento di cemento imbrattato di ogni colore dove orme di piedi nudi o scarpe segnano indelebilmente il movimento umano in ogni angolo dello spazio orizzontale, l'atmosfera satura di essenze mi riporta a casa, altro che nauseante odore, ma sublime narcotica inalazione, fonte di sartriano delirio formale, cromatico, dinamico.
Paradigma .9 - Processo di scatole
Le pareti, circostanti, ritraggono la mia personalità tra tele, oggetti, macchie e spruzzi. Tutto è visibile, non vi è alcun contenitore oltre alla stanza stessa paragonabile al cervello di un'artista abbandonato, dove niente è catalogato e ordinato, come pure in natura lo è il caos cosmico dopo il Big-bang. Ricordo che da bambino nascondevo alcuni giocattoli per poi, dopo un po' di tempo, ritrovarene il piacere del ritrovamento, del dimenticato. Ora sembra quasi ripetersi con pennelli, oggetti e colori, il cui ritrovamento entusiasma e amplifica l'indole creativa. Anche il cosmo è quasi sicuramente una scatola, come pure il cervello umano. Entrambi i volumi nel loro inevitabile intrecciarsi formano astrazioni visibili; senza il cosmo non ci sarebbe alcuna forma artistica conosciuta, lo stesso cosmo è di per se stesso una forma artistica altamente evoluta, così perfetta che la gioconda, al suo cospetto, apparirebbe come un'insignificante schizzo, ultima scatola di questo enorme processo di scatole. Anche io voglio disegnare un'altra scatola, più piccola, con la speranza di comprendere sommariamente il mistero dell'esistenza e della ragione. Mistero negato all'uomo ma non alla sua immaginazione. Nel fare arte io vedo il senso arcaico dell'esistenza, non il fine.
Paradigma .10 - Trappola trasparente
Visione zero, incubo mortale dell'appiattimento prospettico, vedo, attorno a me, un cilindro di immagini inerti, sfuggenti, e fuggenti. La mano, allungata nell'incredulità, non sente alcuna interazione. Il nulla dell'atmosfera, inodore, mi affligge nel tormento, dilania i pensieri, vibranti, di un cervello sterile. L'essenza individuale si fonde con il tutto ma non ne avverto il confine, non vi è destino possibile, soluzione matematica di un calcolo impossibile. Esisto, ma il resto è finzione, e nell'arte cerco una nuova visione, profonda, intensa, lontana. E gli occhi inutili non vedono che il nulla di un cilindro trasparente, dalle rapidi immagini di una pellicola rivista all'infinito, nel finito. Inutile cercare l'invisibile, se neppure il visibile è certo. Visione zero, mio tormento esistenziale, oltre il cilindro di vetro, trasparente, opaco, inesistente.
Paradigma .11 - Infedele
Spero che nell'immensità del tutto, la mia creazione presuntuosa del fare non mi valga l'inferno. Ma l'assurdo fine di un'esistenza celata nel raccapricciante odore della menzogna, un giorno, sincera rivelazione di me - piccolo diamante opacizzato - nell'apparire virtuoso perdona. Perdona l'infedele che nel colore vede il sublime, nella materia l'onnipotenza, nella forma la perfezione, dell'uomo. Perché uomo è suo malgrado, affamato, perduto, ingrato. Perché crea quello che è già stato creato, cerca il colore nel colore, la forma nella forma. Non gli basta forse il respiro a sublimarne la vita, opera prima di pura bellezza?.
Paradigma .12 - Oggetto sublime
Passione, melanconico delirio, oggetto sublime di forma e design, innesta la marcia (3) e rendi dinamica l'immobile scultura. Delirio, sublime passione di tanta bellezza, innesta la marcia e fammi sognare: mondi perfetti - senza odio, senza superbia, senza dolore -. O un mondo unico di giustizia, senza ferite e senza sangue. Tra le nuvole fammi volare, e volare, e volare, che brinino i vetri, che gelino le mani, sul volante. Inganna il tempo, tu si puoi farlo, e non farmi morire, non farmi finire. Solo tu, Divino, potevi concedere tanta bellezza in tutto ciò che già c'era, nell'uomo, e nelle sue creazioni.
Paradigma .13 - Tu c’eri e cantavi
Atmosfera respiro chimica stupidità rivivo nell'aria l'amore bagnato di acqua e petrolio mangio rido aspetto incerto futuro programmo incerto passato dimentico tu c'eri e cantavi ma non ricordo umida estate di affanno e di putrida aria che sotto il ramo - secco - respiravo ed espiravo.
Paradigma .14 - Inganno
Dammi avere passione morte fugace in te restringo l'estremo inganno paura dell'indole varia potenza al motore ansante di questo istante non farne delirio aspetta aspetta l'inverno fugace di ciò stai certo attento ritorno straziante.
(1) Il Concorde La Faiette è stato il più alto e prestigioso edificio declinato completamente ad uso alberghiero nella città di Parigi. Dopo una profonda restrutturazione è oggi diventato lo Hyatt Regency Paris Etoile.
(2) L'Inn è un fiume Austriaco che attraversa la città di Innsbruck.
(3) Nella parola "marcia" si cela il significato allusivo del titolo di questa pubblicazione. Infatti l'autore ci rimanda ad una delle tecnologie più innovative che abbiano mai avuto un così tanto importante impatto nel settore automobilistico degli anni novanta, il cambio "Tiptronic" ideato dalla casa automobilistica Porsche. L'idea di possedere la sua Porsche all'età di soli ventidue anni, l'ideale uomo-macchina, e l'intima contrapposizione tra possesso e immaginazione, sembra aver avuto un forte denominatore in tutta la sua evoluzione creativa.